L'analisi: il petrolio guarda con preoccupazione al caos in Kazakistan

Il petrolio guarda con preoccupazione al caos in Kazakistan

Di Vittorio D'Ermo (Articolo pubblicato su QuotidianoEnergia del 10 gennaio 2022)

[ css=".vc_custom_1643204697980{padding-top: 0px !important;}"]Inizio d’anno con prezzi del petrolio in aumento per effetto della crisi in Kazakistan che ha messo in secondo piano gli sviluppi della pandemia mentre quelli del gas si mantengono lontani dai massimi di dicembre ma con valori pari al doppio di quelli del petrolio; in aumento i prezzi dei prodotti e i margini di raffinazione Questo inizio d’anno sembra richiamare, sia pure in un contesto politico ed economico del tutto nuovo, alcuni temi della geopolitica dell’800 e della prima parte del 900 quando si dibatteva su come assicurarsi il controllo del mondo: una scuola di pensiero metteva l’accento sul controllo dei mari e delle principali rotte mentre un’altra, in particolare J. Mackinder,sosteneva l’importanza del controllo dell’Eurasia estesa al Medio Oriente (Heartland). Oggi queste teorie sembrano rivivere con la competizione tra  Cina e Stati Uniti per il controllo del Pacifico e delle rotte verso l’Europa e l’Africa, e il contrasto tra  la Russia ed Unione Europea . La prima ,  impegnata a riacquisire un ruolo di primo piano in tutto il continente europeo ed in Medio oriente, la seconda, più che mai dipendente dalle importazioni di petrolio e gas dalla Federazione Russa, alla  difficile ricerca di nuove fonti di approvvigionamento oltre che nello sviluppo delle rinnovabili. La prima gande crisi energetica europea che si è manifestata a partire dall’ultima parte del 2021 nasce proprio dall’impatto sugli approvvigionamenti europei di gas della dimensione politica che si è sovrapposta a quella commerciale sinora dominante ad eccezione dei problemi di transito del gas attraverso l’Ucraina, nati immediatamente dopo la fine dell’Unione Sovietica. A partire da dicembre  anche i mercati petroliferi  hanno cominciato a guadare con preoccupazione al  deterioramento della situazione politica nell’Est Europa che ha colpito anche  due repubbliche nate dallo smembramento dell’Unione Sovietica e di enorme rilevo dal punto di vista energetico : l’Azerbaijan  e il Kazakhstan .In questi due stati, con stretti e crescenti rapporti con i paesi dell’Unione Europea e, in particolare, con l’Italia, si sono andati manifestando in modo sempre più evidente  sintomi   di scontento collegati, tra l’altro, agli aumenti dei prezzi dell’energia. Nel caso del Kazakhstan le manifestazioni di protesta hanno assunto toni così drammatici da spingere il governo, in difficoltà, a chiedere il supporto militare della Russia e di altre repubbliche ex sovietiche aprendo un capitolo inedito dalle conseguenze non prevedibili. È infatti il primo episodio di un intervento militare russo su richiesta del governo locale in una repubblica di grande rilevo sul piano delle risorse energetiche e di altri materiali strategici e con importanti presenze di operatori occidentali. In questo contesto in rapidissima evoluzione anche per il contenzioso con l’Ucraina, i prezzi del petrolio hanno subito una forte spinta al rialzo pur in presenza di un contesto di domanda non brillante. Per il Brent la media settimanale si è attestata poco sopra gli 80 $/b, con un aumento del 3,1 %, in relazione alla crisi kazaka che ha spinto al rialzo anche le quotazioni dell’uranio, di cui il Kazakhstan è il primo produttore del mondo. A inizio dicembre il Brent, in occasione dell’arrivo della variante Omicron, era sceso a poco più di 70 $/b. Il WTI, dal canto suo, si è portato sempre in media settimanale a 77,8 $/b. Sul mercato dei prodotti i prezzi medi della prima settimana del 2022 sono risultati in aumento rispetto a quella precedente confermando la tendenza al recupero già manifestata in precedenza. La quotazione della benzina è stata di 767,9 /t, con un aumento dell’1,6 % rispetto alla settimana precedente   ben lontano dalla media si inizio dicembre inferiore ai 700 $/t. La quotazione settimanale del diesel è stata di 698,0 $/t s con un aumento del 3,9 % rispetto a quella precedente, che ha portato ad una riduzione del differenziale rispetto alla benzina a circa 70 $/t salito agli inizi di dicembre verso i 90 $/t. La quotazione dell’olio combustibile, a basso tenore di zolfo, si è collocata a 516,61 $/t con un aumento del 3,6 % probabilmente legato alla maggiore competitività con il gas; l’olio c.  ad alto tenore di zolfo è stato quotato 438,7 $/t, con un aumento del 3,3 %. Il differenziale tra i due prodotti è salito a 78,1 $/t L’inizio d’anno è stato caratterizzato da un netto miglioramento della posizione relativa delle frazioni medie e pesanti (diesel e oli combustibili) rispetto al greggio con effetti positivi sui margini di raffinazione. Con riferimento ad un greggio tipo Brent lavorato a TRC, il margine di raffinazione, in media mensile, si è attestato intorno ai 4,5 dollari per barile; un greggio tipo URAL si è avvicinato ai sei dollari per barile; quello su un greggio tipo Iranian Heavy, è risalito verso i 3,5 dollari per barile.  

             

Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata

                   

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Vittorio D'ermo - Articolo pubblicato su Quotidiano Energia del 10 Gennaio 2022

Vittorio D'Ermo è Economista dell'energia; Consulente e pubblicista su temi di energia e ambiente; Docente e Professional Fellow WEC Italia. È stato Vicepresidente e Direttore dell'Osservatorio Energia di AIEE - Associazione Italiana Economisti dell'Energia.